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Segreteria UCIPEM
Consultorio Familiare Cittadino - corso Diaz, 49 – 47100 FORLÌ
tel.054325083.
Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.Segretaria: Elisa Severi
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inviarli al responsabile del sito:
Emidio Tribulato
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L'Unione Consultori Italiani Prematrimoniali e Matrimoniali - UCIPEM- è stata costituita il 24 marzo 1968 a Bologna, con l'adesione iniziale di 28 centri che svolgevano da anni le attività proprie di un consultorio familiare.
Il loro riferimento ideale ed operativo era costituito dal consultorio familiare dell'Istituto "La Casa" di Milano, fondato il 15 febbraio 1948 da don Paolo Liggeri e, per la parte scientifica, dal Centro Italiano di Sessuologia (C.I.S.), diretto allora dai proff. Giacomo Santori e Olindo La Pietra di Roma
C'è un grande prato verde …
Autore: Giuseppe Cesa
Tra operatori del consultorio ci siamo trovati recentemente a condividere una osservazione, che ovviamente può non avere rilevanza dal punto di vista dei grandi numeri, ma che pensiamo meriti qualche riflessione e qualche approfondimento.
Praticamente, ci siamo accorti che sta aumentando anche presso il nostro consultorio il numero di giovani adulti, o tardo adolescenti, che cercano un aiuto per situazioni di ansia ed incertezza, a volte con la presenza di una velatura di tristezza e demoralizzazione.
La solitudine:
mancanza o risorsa?
Autrice: Elena Santini
Non sempre la solitudine genera dolore. Il modo con cui la si vive si snoda lungo un continuum che va dall'incapacità alla capacità di essere solo
Durante i mesi di isolamento causa Covid abbiamo sperimentato tutti, chi più chi meno, la solitudine, o meglio, alcune delle diverse forme di solitudine, perché la solitudine non è una condizione unica e non è neanche sempre e solo negativa. La solitudine che pure sembra una caratteristica del nostro tempo (anche prima di quella forzata dalla pandemia) può essere infatti anche un mezzo attraverso il quale comprendere meglio se stessi, raccogliere i pensieri e fare nuovi progetti.
L'aborto? Una grande fregatura per le donne.
Ecco perché ci metto la faccia
Perché lo fai?". Questa è la domanda che mi stanno ponendo tutti. Sia chi apprezza il mio impegno, sia chi proprio non lo capisce. Perché lo faccio?
Il mio impegno "pubblico" è nato tantissimi anni fa mentre collaboravo con un’associazione che si occupava di gravidanze indesiderate grazie ad una casa famiglia che ospitava donne che altrimenti non avrebbero potuto portare avanti una gravidanza (i bambini che ho visto nascere oramai sono degli ometti meravigliosi). L’associazione proponeva inoltre percorsi di accompagnamento per le donne che, abbandonate a loro stesse (“è una tua scelta”) e avendo creduto alle grandi bugie sull'aborto ("non è nulla, puoi tornare indietro, non è tuo figlio, potrai un giorno rifarti, vedrai che in poche settimane passa tutto"), avevano abortito volontariamente. Io non ho mai incontrato in nessun altro volto le lacrime che ho visto solcare quei visi, mai. Neanche sui volti di mamme che avevano perduto i figli. Mai. Dolore che alcune sono state in grado di assumere, di rielaborare. Ho visto donne rialzarsi in piedi, avere la forza di guardare in faccia a quel che era accaduto, per darsi la possibilità di piangere e di rialzarsi in piedi. Rielaborazione del lutto. Poi, sì, sarà politicamente scorretto, ma ho visto donne cercare anche Altro, e Risorgere. Sono passati anni, ma ho nel cuore e negli occhi quei volti, tutti. “Le mie regine”, le chiamavo. Per questo non tollero e non permetto che dalle mie parti si indichino le donne che hanno abortito come assassine.
Sono donne che hanno creduto ad una bugia, in un momento delicatissimo della propria vita. Paura, solitudine e ormoni. Un cocktail mortale. Accogliere le donne, le mamme, accogliere anche quel dolore, significa accogliere i figli di quelle mamme. Il contrario, sono convinta, ahimè, non funziona.
In tutto questo mi colpì una frase, semplice forse, ma che mi “svegliò”. Un giorno una donna, atea, mi disse: "se avessi saputo cosa avrei passato, se avessi saputo che avrei sentito questo vuoto, se avessi saputo come sarei stata, che avrei ricordato sempre il giorno in cui sarebbe nato, e il giorno in cui ho abortito, avrei valutato altro". Lo ripeto, lo ripeterò fino alla nausea: l’aborto è una sconfitta, per tutta la società.
La donna abortisce in un momento particolarissimo della vita, e la narrazione “l’aborto è un diritto della donna da godere”, che quasi vorrebbe dire che la donna abortisce serenamente, è una narrazione figlia di ideologia. Sì, forse abbiamo letto tutti la notizia di quella influencer che aveva affermato di voler rimanere incinta per abortire, ma è evidente a tutti che una donna sana di mente mai potrebbe desiderare per lei un aborto. Una donna abortisce perché pensa di non poter fare altro. E non basta, perché il dolore dell’aborto è continuamente negato. Non solo quello fisico. E questa è una violenza sulla pelle delle mamme e... dei loro figli. Negare quel dolore. Convincere le donne che quel dolore debba restare nell’oblio. Come se quel dolore, che rompe la falsità della narrazione sull’aborto, non dovesse avere cittadinanza. Soffocato, per cinismo, da quel “è stata la tua scelta e solo tua poteva essere”.
E quella donna me lo chiarì: “Se avessi saputo!”. Questo "se avessi saputo" mi ha rimbombato nel cuore da subito, e mi rimbomba tutt'oggi.
Dov’ero io quando a quella donna venivano raccontate queste bugie? Dove ero io quando le donne che ho incontrato, sole e spaventate, si sono sentite obbligate all’aborto? Dov’ero quando gli hanno raccontato che l’aborto non le avrebbe causato conseguenze?
Questa la ragione del mio esserci, oggi. Del mio metterci la faccia, anche se non conviene.
Sono nata nell'83, non so come fosse la situazione prima, ma certamente oggi l'aborto viene presentato come la panacea di tutti i mali: il diritto delle donne. Anche solo chiamarlo diritto lo presenta come una cosa che non è. Mentre l’aborto è un dolore solitario, silenzioso. Relegato e cancellato da: “hai fatto quello che dovevi/potevi” / ”Solo tu potevi scegliere cosa fare” / ”solo tu avevi il diritto di decidere”.
Ecco, vorrei che io, noi, lo Stato, che tutti ci facessimo carico di questo "non poter fare altrimenti", per accogliere quella mamma spaventata e, naturalmente, suo figlio.
E invece viene presentato spesso e volentieri solo l'aborto. L’intoccabile aborto, l’innominabile aborto.
E il fatto che questi manifesti siano stati accolti così come sono stati accolti, mi confermano che oggi, nel 2021, non si può parlare di aborto, se non con i "dogmi".
Vorrei restituire ai miei figli un mondo in cui la 194 dorma in un cassetto. Non mi interessa cercare un mondo in cui l’aborto sia illegale, io voglio restituire al domani un mondo in cui l’aborto sia impensabile: un mondo in cui le donne vengano accolte seriamente. Loro, le loro difficoltà, e naturalmente, i loro figli. Un mondo in cui la libertà sia davvero a 360 gradi.
Ecco “chi me lo fa fare": la certezza che l'aborto è la più grande fregatura per le donne. Noi meritiamo di più.
https://www.provitaefamiglia.it/blog/ecco-perche-ci-metto-la-faccia-la-piu-grande-fregature-per-le-donne-e-laborto
La terapia dell'autismo nasce da una buona relazione
IL rapporto con un bambino che presenta sintomi di autismo è molto difficile sia a casa che a scuola. Tuttavia se riusciamo ad instaurare una buona relazione, questo rapporto non solo è facile ma diventa la migliore terapia per il nostro bambino.
Cerchiamo di essere sempre molto attenti alla loro sofferenza interiore.
La prima cosa che dobbiamo accettare e fare nostra è che la sofferenza dei bambini con disturbi autistici, anche se nascosta o scarsamente evidente, pervade il loro animo fin nelle più intime fibre. È una sofferenza che nasce dalla presenza in essi di angosciose paure; è una sofferenza fatta di ansia, paure e caos emotivo e sensoriale. Spesso sono presenti in loro anche degli impulsi contrastanti che li rendono insicuri per ogni loro comportamento e pertanto a volte sembrano aggressivi, altre volte appaiono teneri e passivi.
ADOZIONE NAZIONALE
Quali documenti servono per l’adozione?
Tu e tuo marito non riuscite ad avere figli. Ci avete provato per tanto tempo, ma con scarsi risultati. Vi siete rivolti perfino ad uno specialista, il quale vi ha proposto la strada della fecondazione assistita. Tu, però, non hai nessuna intenzione di sottoporti a cure ed esami vari, in quanto il rischio è quello di andare incontro a nuove delusioni. Pertanto, avete deciso, di comune accordo, di adottare un bambino. Innanzitutto, devi sapere che le coppie sposate che scelgono di intraprendere questo lungo percorso devono avere determinati requisiti previsti dalla legge. Per tale ragione, è importante presentare al tribunale per i minorenni un’apposita domanda con tutta la documentazione comprovante l’idoneità a prendersi cura del bambino. In presenza di tutte le condizioni, il giudice dispone l’affidamento preadottivo della durata di 12 mesi, trascorsi i quali avrà luogo l’adozione.